Le tariffe punitive possono fermare la Cina?
Sebbene le tariffe e le barriere commerciali non siano state popolari dopo la globalizzazione cominciata a partire dagli anni '90, il protezionismo sembra ora essere tornato un tema significativo. Dopo che gli Stati Uniti hanno aumentato, in alcuni casi anche drasticamente, le tariffe sulle importazioni cinesi in settori come mobilità elettrica, semiconduttori e batterie nel maggio 2024, l'Unione Europea ne sta ora seguendo l'esempio. Sia l'UE che gli USA hanno come obiettivo la protezione dell'industria manifatturiera nazionale, che è stata messa sotto pressione da un vero e proprio eccesso di esportazioni cinesi. È interessante notare, tuttavia, che i produttori di automobili tedeschi si sono espressi contro l'aumento delle tariffe.
L'industria cinese in corsia di sorpasso
“Made in China 2025": questo è il nome del piano strategico lanciato dalla Repubblica Popolare Cinese quasi 10 anni fa con l'obiettivo di potenziare l'industria cinese e diventare leader del settore tecnologico. Settori come la mobilità elettrica, l'energia solare e la robotica giocano un ruolo chiave in questa visione. Nello specifico, l'esempio dell'industria delle auto elettriche dimostra che la Cina sta affrontando l’accusa di aver sovvenzionato eccessivamente i suoi produttori permettendo loro di instaurare una notevole sovraccapacità. Secondo le accuse, ciò ha permesso di perseguire una strategia di prezzi molto competitiva rispetto ai loro concorrenti occidentali. Tuttavia, tali sovvenzioni sono difficili da dimostrare. Secondo gli esperti, questi sussidi includono sconti agli acquirenti, sgravi IVA e finanziamenti statali diretti o indiretti per le infrastrutture industriali e la ricerca e sviluppo. Di conseguenza, si presume che tra il 2009 e il 2022 siano stati resi disponibili oltre 200 miliardi di yuan (equivalenti a circa 29 miliardi di dollari americani) per tali misure di sostegno. È interessante notare che questo sostegno sembra aver favorito anche le case automobilistiche occidentali che operano in Cina e che producono veicoli elettrici da sole o con partner cinesi in joint venture. In uno studio pubblicato nel 2024, l'Istituto Kiel per l'economia mondiale ha calcolato che oltre il 99% delle aziende cinesi le cui azioni sono quotate in borsa hanno ricevuto sussidi governativi nel 2022. .
L'energia sostenibile come strategia economica
La Cina è in pole position anche nel settore delle batterie per veicoli elettrici, una parte essenziale della catena di fornitura dei produttori di veicoli in cui sono coinvolte anche società occidentali. Secondo un rapporto del think tank Atlantic Council di Washington D.C., le esportazioni cinesi di batterie agli ioni di litio saliranno a 65 miliardi di dollari nel 2023, rispetto ai 13 miliardi di dollari del 2019, di cui quasi due terzi verso Europa e Nord America. Inoltre, sebbene la Cina non abbia accesso a tutte le materie prime necessarie per la produzione, ha costruito capacità significative per la loro raffinazione.
Ancora più impressionante è il dominio dei produttori cinesi nei sistemi di energia solare. Per ridurre al minimo la sua dipendenza dall'industria petrolifera, tradizionalmente dominata dall'Occidente, da diversi anni la Cina ha dato la priorità allo sviluppo e alla produzione interna di sistemi di energia solare. Questo ha portato a vantaggi di know-how e di costo rispetto ai concorrenti occidentali. Oltre l'80% degli impianti solari installati nel mondo proviene oggi dal paese asiatico.
Quali misure stanno adottando i partner commerciali della Cina in Occidente?
Gli Stati Uniti accusano la Cina di pratiche commerciali sleali. A maggio di quest'anno il presidente Biden ha annunciato l'intenzione di aumentare i dazi su diversi beni d'esportazione cinesi. Tra questi, un massiccio aumento dei dazi sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina dal 25 al 100 percento, il raddoppio delle tariffe sulle importazioni di celle solari dal 25 al 50 percento e sui semiconduttori dal 25 al 50%. Secondo la Casa Bianca, l'obiettivo principale è quello di proteggere l'industria americana e quindi i posti di lavoro, ma viene citata anche una componente di politica di sicurezza. I politici statunitensi temono che i veicoli cinesi situati in prossimità di strutture di sicurezza critiche possano raccogliere informazioni sensibili e trasmetterle alla Cina.
Sull'altra sponda dell'Atlantico, l'UE è sulla stessa linea degli Stati Uniti, anche se con una marcia in meno. Nel novembre 2023, l'UE ha avviato le prime indagini anti-sovvenzioni su diversi settori di esportazione cinesi. Oltre a settori come le biciclette elettriche, la carta decorativa e i pavimenti in legno multistrato, sono stati inclusi anche i veicoli elettrici. Nel giugno 2024, la Commissione UE ha deciso di seguire l'esempio degli Stati Uniti e di intervenire contro le importazioni di auto elettriche cinesi con tariffe punitive.
Reazioni delle case automobilistiche
Si potrebbe supporre che le misure adottate dall'UE siano accolte con favore e sostenute dall'industria automobilistica europea. È interessante notare, tuttavia, che le opinioni divergono sul fatto che queste tariffe protettive siano più un'iniezione di fiducia che un gradito salvagente. Mentre le case automobilistiche francesi, ad esempio, che non hanno una grande presenza operativa in Cina, tendono ad accogliere con favore gli aumenti tariffari, l'industria automobilistica tedesca non ha reagito allo stesso modo. Quest’ultima, infatti, ha delocalizzato una parte significativa della produzione di veicoli elettrici in Cina e da lì esporta verso i mercati occidentali. Anche le loro esportazioni sarebbero dunque colpite dalle nuove tariffe punitive. Tuttavia, si presume che in questo caso possano essere previste delle esenzioni per venire incontro alle aziende europee. C'è anche il dilemma che gli obiettivi climatici fissati dall'UE e la prevista eliminazione graduale dei motori a combustione entro il 2035 sarebbero molto più difficili da raggiungere senza la cooperazione con l'industria delle auto elettriche cinese.
Inoltre Tesla, società pioniera americana nel settore, produce gran parte dei suoi veicoli Model 3 e Model Y nella fabbrica nota come “Gigafactory Shanghai”. Poiché Tesla deve far fronte anche ai dazi d'importazione europei, l'azienda di Elon Musk ha annunciato, in risposta alla decisione della Commissione UE, che sta valutando di aumentare il prezzo dei suoi veicoli sul mercato del Vecchio Continente. Resta da vedere se anche Tesla, in quanto azienda americana, possa beneficiare di un'esenzione da parte dell'UE.
Come potrebbe reagire la Cina?
Non è chiaro se l'aumento delle tariffe possa indurre le aziende cinesi a cambiare rotta. Il margine di profitto delle case automobilistiche cinesi è così alto che, anche con un supplemento tariffario, sarebbe possibile per molti produttori non aumentare il prezzo finale e coprire comunque i costi.
C'è anche da chiedersi se i produttori di veicoli cinesi avessero previsto in anticipo una simile reazione da parte dell'UE e degli USA. Ad esempio, Chery, il più grande produttore cinese di veicoli in termini di volume di esportazioni, ha annunciato nell'aprile 2024 che avrebbe aperto un impianto di produzione in Spagna insieme a un partner europeo. Anche BYD ha annunciato l'anno scorso l'intenzione di costruire uno stabilimento in Ungheria.
La Cina inoltre ha una serie di modi per rispondere alle sanzioni doganali. Sebbene il mercato automobilistico cinese sia saturo e la domanda interna possa essere facilmente soddisfatta dai produttori locali, la Cina è ancora di vitale importanza per i produttori occidentali. Il Model Y di Tesla è il secondo modello più venduto in Cina (a partire dal 2024) e anche altri produttori occidentali detengono una quota di mercato significativa in collaborazione con i produttori locali cinesi. Ad esempio, il marchio automobilistico cinese FAW-VW, con la partecipazione tedesca di Volkswagen e Audi, è il secondo marchio automobilistico più venduto in Cina dopo BYD. I produttori europei probabilmente non sarebbero contenti se l'accesso a questo mercato fosse reso più difficile.
Un mercato indispensabile
La Camera di Commercio cinese a Bruxelles ha annunciato che la Cina sta valutando di aumentare dal 15 al 25% il dazio all'importazione dei veicoli occidentali con grandi motori a combustione (oltre 2,5 litri di cilindrata) in risposta alle tariffe punitive europee. Questa categoria di veicoli, che comprende molte berline di lusso, continua a essere dominata dai produttori occidentali. La Cina ha inoltre annunciato di aver avviato un'indagine antidumping su alcuni prodotti chimici e alimentari importati da Stati Uniti ed Europa. Il termine dumping si riferisce alla pratica di vendere i prodotti a prezzi molto inferiori a quelli di produzione, guadagnando così quote di mercato, in violazione delle regole del commercio internazionale. Nel gennaio 2024, ad esempio, la Cina ha avviato un'indagine antidumping sugli alcolici europei. Le sanzioni in questo caso colpirebbero principalmente le società francesi.
Come potrebbe evolversi la situazione?
La direzione presa da entrambe le parti negli ultimi mesi sembra chiara. La volontà è quella di proteggere e sostenere l'economia nazionale, se necessario anche con misure protezionistiche. Se e come questa linea di condotta si ripercuoterà sulle economie europee potrebbe dipendere dalle prossime elezioni presidenziali USA, dalla reazione della Cina e dal comportamento dell'industria occidentale, in primo luogo dei produttori di veicoli. È chiaro che i dazi sulle importazioni complicheranno gli scambi commerciali e le società colpite potrebbero pensare di orientarsi verso nuovi mercati.
Nel medio termine, le aziende cinesi potrebbero anche seguire sempre le orme dei loro concorrenti occidentali e costruire capacità produttive in prossimità dei mercati di vendita, partecipando così all'attività economica e togliendo fiato alla tesi dell'inondazione del mercato dall'estero. Anche la cooperazione con i produttori di autoveicoli occidentali potrebbe essere una soluzione in grado di raccogliere consensi.
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