Fed: tassi fermi e atteggiamento proattivo
L’appuntamento di fine gennaio con la Fed è passato e non ha portato sorprese per il mercato. La Banca centrale USA ha confermato i tassi di interesse e Jerome Powell ha respinto l’idea che il FOMC avesse dati sufficienti sull’inflazione per iniziare a tagliare i tassi.
I toni a prima vista da falco del banchiere americano vanno tuttavia interpretati. Sebbene non sia stata indicata una data precisa in cui la Fed possa iniziare a tagliare i tassi, è importante notare come il comitato dei banchieri centrali USA ritenga in modo unanime che i tassi abbiano raggiunto il loro picco picco per questo ciclo. Questo anche se l’inflazione dovesse sorprendere al rialzo, elemento che eventualmente porterebbe a mantenere i tassi alti per un periodo più lungo di quanto stimato qualche mese fa. In questa direzione, un altro elemento centrale della conferenza stampa di Powell è stato quello rivolto all’economia USA: la Fed non vede la forte crescita come motivo per un ulteriore aumento dei tassi d’interesse. E in un clima che ha visto negli ultimi giorni riaffiorare i timori legati alle banche regionali, il passaggio in cui Powell ha chiarito che la decisione sulla politica dei tassi di interesse e quella sul bilancio sono indipendenti contribuisce ad avere un atteggiamento maggiormente proattivo rispetto ai mercati.
Appuntamenti Macro
Data | Appuntamenti in calendario |
Lunedì 05/02 |
La settimana inizia con i PMI servizi in versione finale di Zona Euro e Stati Uniti. Per quanto riguarda Eurolandia, in agenda anche l’indice che misura l’andamento dei prezzi alla produzione. |
Martedì 06/02 |
Si riunisce il board della Reserve Bank of Australia, che dovrebbe confermare il benchmark al 4,35%. Dalla Germania arriva l’indice degli ordini alle industrie mentre a livello europeo focus sulle vendite al dettaglio. |
Mercoledì 07/02 |
In agenda gli indici che misurano la produzione industriale tedesca e le vendite al dettaglio italiane. Alle 16:30 sarà la volta dell’aggiornamento settimanale sulle scorte di petrolio statunitensi. |
Giovedì 08/02 | Oggi è il giorno dei numeri sui prezzi alla produzione ed al consumo in Cina. In arrivo anche il Bollettino economico della Banca Centrale Europea e l’indicatore settimanale sull’andamento delle nuove richieste di sussidio negli USA. |
Venerdì 09/02 | In chiusura di settimana attenzione al dato finale sull’inflazione tedesca ed a quello sulla produzione industriale nel nostro Paese. |
Riflettori puntati sulla Germania
Archiviati i meeting delle Banche centrali, la settimana macroeconomica parte con la pubblicazione dei dati sul sentiment dei direttori degli acquisti del settore servizi di Zona Euro e Stati Uniti: nel primo caso il dato definitivo dovrebbe confermarsi sotto quota 50 (48,4 punti), quella che separa espansione e recessione dell’attività economica, mentre il PMI servizi statunitense è atteso a 52,1 punti. Domani l’appuntamento è con gli ordini alle industrie tedesche che, dopo il tonfo di ottobre (-3,7%), nell’ultimo mese dell’anno dovrebbero aver bissato il +0,3% mensile di novembre. Restando in Germania, mercoledì focus sull’indice della produzione industriale mentre giovedì attenzione alle indicazioni che arriveranno dai dati cinesi su prezzi alla produzione e al consumo (per il quarto mese consecutivo a gennaio l’inflazione del Dragone potrebbe confermarsi in territorio negativo). Venerdì invece in agenda troviamo la produzione industriale nel nostro Paese che, dopo due contrazioni consecutive, è stimata in aumento di mezzo punto percentuale rispetto alla rilevazione precedente. Ma non solo dati macro: dopo le indicazioni arrivate dalla earning season statunitense, nell’ottava che inizia oggi le maggiori società del comparto bancario italiano alzeranno il velo sui conti del quarto trimestre 2023 e sull’intero esercizio. La settimana inizia con i risultati di UniCredit, poi sarà la volta di Banca MPS, Intesa Sanpaolo, BPER Banca e Banco BPM.
Cina, la transizione passa per il real estate
Auto elettriche, energia rinnovabile ma non solo. La Cina si conferma attenta al tema della transizione energetica e lo fa mettendo nel mirino uno dei settori che più incidono sulle emissioni di carbonio: quello immobiliare. Nel Mondo il real estate è responsabile di circa il 40% delle emissioni di carbonio, con il processo costruttivo che può generare grandi sprechi. Per ridurre le emissioni, China Cement Association e Global Cement and Concrete Association hanno siglato una partnership. L’impegno prevede un accordo di collaborazione alla sostenibilità e allo sviluppo a basse emissioni di carbonio dell’industria del cemento e del calcestruzzo. Dopo l’acqua il calcestruzzo è il materiale più utilizzato al mondo e il cemento è il legante chiave del calcestruzzo, responsabile di circa il 7% delle emissioni globali di CO2. Per capire la portata dell’accordo basti pensare che China Cement Association rappresenta oltre il 50% della produzione mondiale di cemento mentre i membri di Global Cement and Concrete Association rappresentano l’80% della capacità produttiva di cemento al di fuori della Cina. Coinvolta nel progetto anche Sinoma International Engineering, la più grande azienda al Mondo di tecnologie e attrezzature nel settore del cemento. La tecnologia rappresenta infatti un veicolo importantissimo per abbattere le emissioni. Il grande impegno sul fronte taglio delle emissioni potrà avere ricadute sui prezzi dei certificati delle quote di emissioni di CO2, tanto in Europa quanto nelle altre aree del pianeta. Secondo gli analisti di Macquarie dopo il boom del 2021, il crollo del 2022 e il consolidamento del 2023, i mercati del carbonio verranno sempre più guidati dai fondamentali. Soprattutto le proiezioni a 5 anni del team di ricerca vedono un incremento dei prezzi dei certificati CCA, NZU, ACCU, CEA, UKA e EUA nell’ordine del 60-140%.
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