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Il ritorno dei metalli preziosi: l’argento ruba la scena

Vontobel Markets
16 ott 2025 | 4 Minuti di lettura
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Immagine Oro e Argento

Mentre le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina si intensificano e il dollaro perde smalto, gli investitori globali sembrano tornare a ciò che conoscono meglio: i beni rifugio. Tra dazi, rischi politici e debito crescente, il 2025 si sta rivelando un anno di ritorno al “valore reale”. L’oro si conferma ancora una volta un pilastro di stabilità, ma è l’argento a sorprendere: meno liquido, più volatile eppure sempre più ricercato, grazie a un rally innescato anche da un forte short squeeze sui mercati londinesi. Con la prospettiva di nuovi tagli dei tassi e un clima globale incerto, i metalli preziosi sembrano destinati a rimanere al centro della scena, offrendo una combinazione rara di difesa e opportunità in un mondo che cerca sicurezza.

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Contesto macro: tra debasement e geopolitica

In un anno segnato da tensioni commerciali e politiche, il panorama macroeconomico gioca un ruolo decisivo nel favorire i beni rifugio. Il dollaro, che storicamente ha incarnato la valuta della stabilità, è sotto pressione: gli investitori scommettono su tagli dei tassi imminenti da parte della Fed, mentre la guerra dei dazi si intensifica, alimentando la debolezza della valuta americana.

Questa tendenza si inserisce in un contesto più ampio di instabilità globale. Tra l’aumento del debito pubblico, le tensioni geopolitiche e il rallentamento della crescita in Europa e Asia, molti capitali si stanno spostando dagli asset rischiosi verso metalli preziosi e valute alternative. Il fenomeno del debasement trade, la perdita di valore delle valute fiat a favore di beni reali, è tornato in primo piano.

L’argento, in particolare, sta emergendo come il protagonista inatteso di questa fase. Non è solo un bene rifugio, ma anche un metallo con una forte componente industriale. La combinazione tra domanda tecnologica (fotovoltaico, elettronica, mobilità elettrica) e offerta limitata sta sostenendo il rally. Secondo HSBC, l’argento ha già guadagnato circa il 67% su base annua, raggiungendo livelli che non si vedevano dal 2011.

Il ritorno dei metalli preziosi: l’argento ruba la scena

Il 2025 sta consacrando i metalli preziosi come protagonisti di un nuovo ciclo di mercato. Se l’oro continua a rappresentare il rifugio per eccellenza nei momenti di turbolenza, è l’argento ad aver stupito gli investitori, mostrando una forza inaspettata e, per certi versi, più dinamica.

Nel corso dell’anno, l’argento ha messo a segno un rally superiore al 60%, spingendosi oltre i 50 dollari l’oncia, livelli che non si vedevano dal 2011. Dietro questa corsa si intrecciano due forze distinte ma complementari. Da un lato, la ricerca di beni reali in un contesto di svalutazione valutaria e di tassi in calo; dall’altro, la domanda industriale strutturale legata alla transizione energetica e all’innovazione tecnologica. Circa il 60% dell’utilizzo globale dell’argento proviene oggi da settori come fotovoltaico, semiconduttori, elettronica avanzata e mobilità elettrica, ambiti che stanno vivendo un’espansione globale senza precedenti.

A differenza dell’oro, il mercato dell’argento è molto meno liquido, il che amplifica i movimenti di prezzo e rende il metallo più sensibile a variazioni di sentiment o posizionamenti speculativi. Lo short squeeze registrato a Londra durante l’estate ne è un esempio emblematico: un mercato ristretto, un improvviso aumento di domanda e una corsa degli operatori a ricoprirsi, che ha innescato un’accelerazione verticale dei prezzi.

Secondo HSBC, il prezzo medio dell’argento potrebbe attestarsi oltre i 35 dollari l’oncia entro la fine del 2025, sostenuto da un deficit strutturale di offerta e da un crescente interesse da parte degli investitori istituzionali. Il metallo bianco non è più soltanto l’“oro dei poveri”, ma un asset ibrido che unisce la stabilità dei beni rifugio con la crescita dei megatrend industriali.

L’oro, dal canto suo, prosegue il proprio percorso con passo più misurato ma altrettanto solido: ha toccato nuovi massimi storici sopra i 2.600 dollari l’oncia, sostenuto dagli acquisti record delle banche centrali, che nel 2024 hanno accumulato oltre 1.000 tonnellate di riserve. L’indebolimento del dollaro e il contesto di tassi reali contenuti rafforzano la tesi di lungo periodo su entrambi i metalli.

Insieme, oro e argento stanno ridefinendo il concetto di bene rifugio: non più strumenti passivi di difesa, ma componenti attive di una strategia d’investimento in grado di bilanciare rischio, inflazione e transizione economica globale.

Rischi e variabili da monitorare

Nonostante la forza mostrata finora, l’investimento in metalli preziosi e in particolare in argento, non è privo di rischi. La volatilità resta una delle principali caratteristiche del mercato: storicamente, le fasi di euforia sono seguite da correzioni anche significative. Il prezzo dell’argento, più sensibile alle variazioni di sentiment rispetto all’oro, può registrare movimenti giornalieri superiori al 3–4%, amplificati dal minor livello di liquidità.

Un altro rischio è legato al contesto macroeconomico. Se i tagli dei tassi si rivelassero più lenti del previsto o la crescita globale dovesse accelerare, il flusso di capitali verso i beni rifugio potrebbe ridursi. Anche un eventuale rafforzamento del dollaro potrebbe pesare su oro e argento, che storicamente si muovono in direzione opposta rispetto alla valuta americana.

Infine, la componente industriale dell’argento è un’arma a doppio taglio: la stessa domanda che oggi sostiene i prezzi potrebbe calare in caso di rallentamento economico o crisi della supply chain. E, come visto, la presenza di operatori speculativi può accentuare la volatilità in entrambe le direzioni.

Opportunità e prospettive future

In un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche, dazi e politiche monetarie in evoluzione, i metalli preziosi si confermano un pilastro strategico nei portafogli diversificati. Non sono più soltanto strumenti difensivi, ma asset capaci di offrire protezione e rendimento in uno scenario dominato da volatilità e incertezza.

L’oro continua a rappresentare la principale riserva di valore. Secondo il World Gold Council, nel 2024 le banche centrali hanno acquistato oltre 1.000 tonnellate di oro, il livello più alto degli ultimi cinquant’anni. Cina, India e Turchia guidano gli acquisti, segnando una progressiva de-dollarizzazione delle riserve valutarie e rafforzando il ruolo dell’oro come bene monetario globale, indipendente dalle politiche delle singole banche centrali.

L’argento, invece, sta vivendo una trasformazione più profonda. Non è più soltanto l’“oro dei poveri”, ma un asset ibrido con una funzione duplice: rifugio in tempi di incertezza e investimento tematico sui grandi trend strutturali. La transizione energetica e l’espansione tecnologica stanno spingendo la domanda industriale del metallo bianco: secondo il Silver Institute, nel 2025 il consumo legato al fotovoltaico ha raggiunto un nuovo record sopra i 200 milioni di once, mentre la domanda complessiva del settore industriale è attesa in crescita del 46% entro il 2030.

Parallelamente, l’offerta resta sotto pressione. Dopo anni di sottoinvestimenti e vincoli ambientali più severi, molte miniere operano vicino ai limiti produttivi. Il Silver Institute prevede un deficit di oltre 250 milioni di once nel 2025, il quarto anno consecutivo di carenza strutturale di offerta. Un equilibrio fragile che potrebbe continuare a sostenere i prezzi anche in assenza di shock geopolitici.

In sintesi, la combinazione di fondamentali solidi, domanda industriale crescente e funzione di bene rifugio rende oro e argento due pilastri complementari. L’oro resta un’ancora di stabilità nei momenti di tensione; l’argento aggiunge un’esposizione tattica ai megatrend dell’innovazione e della sostenibilità. In un’economia sempre più digitale ma esposta al rischio sistemico, i metalli preziosi riaffermano la loro funzione originaria: ancorare il valore al mondo reale.

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