Weekly Note
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Lo shutdown non spegne l’entusiasmo

Vontobel Markets
6 ott 2025 | 4 Minuti di lettura
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Il 1° di ottobre ha segnato l’avvio di un nuovo mese borsistico e al tempo stesso ha visto la partenza in America dello shutdown. Non è la prima volta che questo accade, bensì la 15esima dal 1981. Rappresenta tuttavia un ulteriore punto di incognita per l’economia americana. La mancata approvazione della legge di bilancio porta con se il congedo senza stipendio di circa 750mila dipendenti pubblici e interruzioni in diversi settori dei servizi, da alcuni della sanità fino ai trasporti.

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06.10.2025

Il 1° di ottobre ha segnato l’avvio di un nuovo mese borsistico e al tempo stesso ha visto la partenza in America dello shutdown. Non è la prima volta che questo accade, bensì la 15esima dal 1981. Rappresenta tuttavia un ulteriore punto di incognita per l’economia americana. La mancata approvazione della legge di bilancio porta con se il congedo senza stipendio di circa 750mila dipendenti pubblici e interruzioni in diversi settori dei servizi, da alcuni della sanità fino ai trasporti. Lo stesso mondo finanziario è rimasto privo di un’importante cartina al tornasole: venerdì non sono stati pubblicati i dati del mercato del lavoro. Si tratta di un elemento fondamentale in questa fase storica, un punto basilare per la Fed e per le sue future mosse di politica monetaria. Certo, un incremento della disoccupazione
legato proprio allo shutdown potrebbe accelerare la via del taglio del costo del denaro da parte della Banca Centrale USA. E forse è proprio questo che ha contribuito a sostenere Wall Street anche nella passata ottava, con gli ennesimi record di tutti i principali indici di Borsa. La conferma che nemmeno lo shutdown in questa fase spegne l’entusiasmo degli investitori.

Appuntamenti Macro

 
Data Appuntamenti in calendario

Lunedì 06/10

La settimana inizia con l’indice che misura l’andamento delle vendite al dettaglio di Eurolandia e con un intervento della presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde.

Martedì 07/10

In agenda il dato tedesco sugli ordini alle fabbriche e le bilance commerciali di Francia e Stati Uniti (tutti i dati in arrivo dagli Stati Uniti potrebbero non essere pubblicati a causa dello shutdown).
Mercoledì 08/10 Prima dell’avvio degli scambi riflettori puntati sull’indice della produzione industriale tedesca mentre in serata focus su Washington, visto che saranno diffusi i verbali dell’ultimo meeting della Federal Reserve.
Giovedì 09/10 Oggi si riunisce l’Eurogruppo ed è in agenda la pubblicazione delle minute della riunione della BCE dell’11 settembre. Dal fronte statunitense attenzione alle nuove richieste di sussidio di disoccupazione ed agli ordini alle fabbriche.
Venerdì 10/10 La settimana si chiude con il dato italiano che misura l’andamento della produzione industriale e con l’indice preliminare sul sentiment dei consumatori statunitensi elaborato dall’Università del Michigan. Per il dato si tratta della versione preliminare.

 

Fed costretta a navigare al buio

La scorsa settimana né l’aggiornamento sull’andamento delle nuove richieste di sussidio, né quelli su tasso di disoccupazione e saldo delle buste paga nei settori non agricoli sono stati pubblicati. Questo perché, durante lo shutdown, la diffusione dei dati macroeconomici viene sospesa e molti indicatori non vengono aggiornati finché il governo non riprende pienamente l’attività. Si tratta di un problema particolarmente gravoso per i policy makers in generale e per i funzionari della Federal Reserve in particolare. In mancanza di dati, una strategia data-dependant come quella dell’istituto con sede a Washington non è in grado di funzionare e costringe la Fed a “navigare al buio” senza poter valutare con precisione la dinamica dell’occupazione e della crescita, aumentando il rischio di decisioni sbagliate o non pienamente informate. Di conseguenza, occorre affidarsi a dati alternativi, come quelli elaborati da società private (la stima ADP della scorsa settimana ha evidenziato una riduzione delle buste paga di 32 mila unità, la prima da ottobre
2024) o ad indici anticipatori e indicatori di sentiment del mercato. In entrambi i casi il problema è rappresentato dal fatto che si tratta di statistiche che spesso non hanno quel grado di affidabilità in genere attribuito ai dati ufficiali (ma anche questi spesso sono lacunosi e soggetti a forti revisioni). Quando la situazione tornerà alla normalità, alcuni dati saranno diffusi entro uno o due giorni dalla riapertura mentre altri potrebbero subire ritardi più lunghi, soprattutto se la raccolta era stata interrotta nel periodo dello shutdown.

Oro: solo Wall Street può fermarlo

Quando Donald Trump si è insediato a gennaio alla Casa Bianca ha annunciato una nuova età dell’oro. Guardando indietro di qualche mese, effettivamente è stato così: da inizio 2025 il metallo prezioso ha più che raddoppiato le performance fatte registrare da importanti indici di Borsa quali S&P 500 e Nasdaq 100. Il Presidente USA ovviamente non faceva riferimento alla materia prima quando pronunciò quelle parole. È tuttavia un’evidenza che le scelte di politica economica adottate dalla sua amministrazione abbiano contribuito a spingere al rialzo le quotazioni del bene prezioso. Un dollaro più debole, un debito pubblico americano guardato con maggior diffidenza da molti investitori, le tensioni geopolitiche e i timori su un’inflazione più appiccicosa del previsto negli Stati Uniti sono stati solo alcuni degli elementi che hanno contribuito a spingere i prezzi. Il recente allungo è stato guidato da un’altra voce non trascurabile: i timori di una Federal Reserve meno indipendente rispetto alla Casa Bianca. Un allungo sostenuto ancor più dalla domanda proveniente dagli ETF e da una generale euforia verso questa asset class. Ma cosa potrebbe interrompere questa costante ascesa? Al di là di aspetti prettamente tecnico/grafici, al momento all’orizzonte non si intravedono segnali di debolezza.
Se a metà degli anni ‘90 furono le vendite delle Banche centrali a portare a un calo del 25% del prezzo dell’oro, la contrapposizione in essere a livello globale tra i vari Paesi non spinge in questa direzione. Anche perché, rispetto ad allora, il Central Bank Gold Agreement del 1999 limita le vendite collettive di lingotti da parte del settore ufficiale. Il vero freno potrebbe così venire esclusivamente da Wall Street. Una brusca frenata o un cambio di trend potrebbero spingere gli investitori istituzionali, specie quelli più esposti al rischio, a capitalizzare i guadagni sul gold. Un movimento simile a quanto accaduto sul finire del febbraio 2020 con lo scoppio della pandemia e il violento sell-off avvenuto in quelle settimane.

Grafico Oro a 1 anno
Grafico Oro a 5 anni

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