Il peso di tassi FED più alti più a lungo
La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse nell’intervallo 5,25%-5,50%. La scelta non ha sorpreso il mercato, con il consensus degli analisti indirizzato in modo quasi univoco verso questa strada. A innervosire gli operatori sono state le parole di Jerome Powell. Il numero uno della Fed ha usato toni da falco, aprendo la strada a tassi più alti più a lungo.
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La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse nell’intervallo 5,25%-5,50%. La scelta non ha sorpreso il mercato, con il consensus degli analisti indirizzato in modo quasi univoco verso questa strada. A innervosire gli operatori sono state le parole di Jerome Powell. Il numero uno della Fed ha usato toni da falco, aprendo la strada a tassi più alti più a lungo. La Banca centrale americana ha raddoppiato le stime di crescita per il 2023, portandole al 2,1% dall’1% previsto a giugno. Anche le stime dell’inflazione 2023 (3,3%) e quelle 2025 (2,2%) sono state alzate, immutate invece al 2,5% quelle sul 2024. Nel sottolineare che “la strada verso il 2% è lunga”, Jerome Powell ha smorzato le speranze di chi si attendeva un taglio dei tassi di interesse nei prossimi mesi. Rispetto a un mese fa, il FedWatch del CME mostra un calo molto marcato di chi si aspetta un taglio del costo del denaro nel 2024. Non vanno infatti trascurate altre variabili che potrebbero impattare sul costo della vita. Il rinnovo del contratto di lavoro del comparto auto e l’aumento dei prezzi del petrolio delle ultime settimane sono due variabili da tenere in debita considerazione. La reazione dei mercati non si è fatta attendere, con vendite sui titoli azionari e rendimenti dei T-Note USA ai massimi da 10 anni.
APPUNTAMENTI MACRO
Data | Appuntamenti in calendario |
Lunedì 25/09 |
Inizio di ottava in cui tra i dati in uscita spicca l’indice IFO sulla fiducia delle aziende tedesche a settembre. |
Martedì 26/09 |
Focus sul mercato immobiliare USA, con la diffusione dei dati relativi ai permessi, alle concessioni e alle vendite di nuove abitazioni. Da osservare anche il rapporto sulla fiducia dei consumatori statunitensi di settembre. |
Mercoledì 27/09 |
In Giappone attesi i verbali dell’ultimo meeting della BoJ, in America da monitorare i dati sui beni durevoli in agosto e la lettura settimanale delle scorte di petrolio. |
Giovedì 28/09 | Attesi diversi indicatori sul costo della vita in Europa. Tra questi l’indice dei prezzi al consumo tedesco e quello dei prezzi alla produzione in Italia. Nel pomeriggio focus sulla terza lettura del PIL americano nel secondo trimestre. |
Venerdì 29/09 | In Europa attenzione al PIL inglese del secondo trimestre mentre in America da monitorare la pubblicazione dell’indice delle spese personali e di quello della spesa per consumi. |
Sabato 30/09 e Domenica 01/10 | Riflettori puntati sui PMI cinesi. |
Focus sui prezzi al consumo
Archiviati, non senza qualche sorpresa, i meeting delle Banche centrali, la settimana che inizia oggi sarà particolarmente ricca di indicazioni macro utili a capire il reale stato di salute delle diverse aree economiche. Per quanto riguarda l’Europa, la settimana inizierà con l’indice tedesco IFO, giovedì, sempre per quanto riguarda la prima economia europea, sarà la volta dell’aggiornamento preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo e venerdì, quando è previsto anche un intervento di Christine Lagarde, attenzione ai dati flash relativi l’inflazione dell’intera Zona Euro. Dal 5,2% di agosto, nel mese corrente il dato completo è visto al 4,6% mentre l’indice “core” (quello calcolato non tenendo conto delle componenti più volatili) dovrebbe passare dal 5,3% al 4,9%. Dal fronte statunitense arriveranno i numeri sull’andamento della fiducia dei consumatori (martedì), sugli ordini di beni durevoli (mercoledì), sull’andamento del PIL (giovedì) e sui prezzi al consumo misurati dal PCE, quello preferito dalla Federal Reserve (a differenza del dato standard, che misura un paniere, il PCE traccia i prezzi dei prodotti realmente acquistati). Ed a proposito dell’istituto con sede a Washington, giovedì parlerà Jerome Powell. Venerdì sarà anche la volta dell’inflazione giapponese mentre sabato 30 settembre e domenica 1° ottobre riflettori puntati sulla Cina perché saranno pubblicati gli indici PMI su manifatturiero e servizi (sabato sarà la volta dei dati ufficiali, domenica di quelli calcolati da S&P Global).Petrolio verso i 100 dollari: per quanto tempo?
In un momento in cui l’inflazione rappresenta la prima preoccupazione dei banchieri centrali, la prepotente avanzata del petrolio preoccupa, e non poco, i policy makers. Il recente rialzo dei prezzi, l’oro nero nell’ultimo mese ha visto le quotazioni salire di oltre il 10%, è stato innescato da fattori puramente fondamentali: le richieste hanno ormai superato i livelli pre-pandemici (i voli domestici in Cina sono al 110% rispetto al pre-Covid) mentre l’offerta continua ad essere limitata dalle misure messe in campo dai maggiori produttori. La “sete” di petrolio da parte degli operatori è ben sintetizzata dall’andamento dei prezzi, finiti in “backwardation” (quando c’è scarsità di una commodity, gli acquirenti si concentrano sulle scadenze brevi facendone crescere il prezzo, quando le quotazioni ravvicinate superano quelle per le scadenze lunghe si parla di backwardation). Nonostante i prezzi del future con consegna novembre la scorsa settimana si siano spinti sui massimi da 10 mesi a ridosso dei 96 dollari al barile, le scommesse rialziste degli hedge fund si confermano su livelli che non si vedevano da un anno e mezzo. Inoltre, oltre al picco in sé (ormai non è più questione di se ma di quando la soglia dei 100 dollari sarà superata), gli operatori sono particolarmente preoccupati dal fatto che i prezzi potrebbero confermarsi in area 100 dollari per diversi mesi. Un elemento che potrebbe contribuire a “raffreddare” la situazione arriva dai recenti progressi nelle relazioni tra Stati Uniti e Iran: dopo il recente scambio di prigionieri, a favore di Teheran sono stati sbloccati 6 miliardi di dollari di proventi petroliferi. Nelle condizioni attuali, un ulteriore allentamento delle sanzioni da parte degli USA (che già ora, rilevano diversi commentatori, sono applicate in maniera blanda) potrebbe permettere al mercato petrolifero di rifiatare.
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