Attenti al ritorno della volatilità
Nell’ultima settimana di giugno, i mercati finanziari globali hanno mandato segnali contrastanti. Dietro il calo dei rendimenti dei Treasury americani e il rientro dei prezzi del petrolio ai livelli precedenti alla “guerra dei 12 giorni” tra Israele e Iran, si cela un intreccio di dinamiche fiscali, politiche e commerciali che potrebbero compromettere la fragile serenità estiva degli investitori.
La combinazione di deficit crescenti, il “Big Beautiful Bill” è ormai in dirittura d’arrivo, ingerenze sempre più pesanti nella politica monetaria, Trump starebbe pensando di affiancare a Powell un governatore “ombra”, e di diverse questioni aperte in tema di dazi, la scadenza del 9 luglio per i dazi reciproci potrebbe essere prorogata, non dovrebbe lasciare tranquilli gli investitori. Finora, si è preferito guardare al bicchiere mezzo pieno, permettendo agli indici azionari di aggiornare i massimi storici, ma è difficile che questo stato di cose possa proseguire ancora per molto tempo. Sul mercato valutario il dollaro continua a indebolirsi, spinto dalle attese di tagli della Fed e dai deflussi di capitali. Non si vedono ancora vendite significative di asset americani, ma il movimento è iniziato.
Appuntamenti Macro
| Data | Appuntamenti in calendario |
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Lunedì 30/06 |
La settimana inizia con le vendite al dettaglio in Germania e con il PIL britannico. Nella Zona Euro sono in agenda i numeri su offerta di moneta M3 e prestiti ai privati mentre l’Istat diffonde l’aggiornamento preliminare sull’inflazione di giugno. Nella seconda parte sarà la volta del PMI Chicago e di un intervento di Christine Lagarde in occasione del forum di Sintra. |
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Martedì 01/07 |
È il giorno degli indici PMI manifatturieri in versione finale di Zona Euro, Gran Bretagna e Stati Uniti. Eurostat diffonde la stima preliminare sull’inflazione di giugno e, nell’ambito del forum di Sintra, nel pomeriggio sono in agenda gli interventi dei n.1 di BCE, FED, Bank of Japan e Bank of England. Negli USA attenzione ai numeri sulle offerte di lavoro e le spese per costruzioni. |
| Mercoledì 02/07 |
Alle 10 focus sul tasso di disoccupazione italiano mentre un’ora più tardi sarà la volta del corrispondente indice europeo. Dagli USA è in arrivo la stima sulle buste paga del settore privato elaborata dalla società ADP. |
| Giovedì 03/07 | È il giorno degli indici PMI servizi in versione definitiva di Zona Euro, Gran Bretagna e Stati Uniti. L’agenda statunitense prevede i dati su tasso di disoccupazione e non-farm payrolls e l’aggiornamento sulle nuove richieste di sussidio. |
| Venerdì 04/07 | In calendario troviamo gli ordini alle industrie tedesche e le vendite al dettaglio italiane. Negli USA è il Giorno dell’indipendenza. |
Sintra: focus sulle Banche centrali
Dal 30 giugno al 2 luglio 2025, Sintra torna ad essere il crocevia della finanza globale: il Forum annuale organizzato dalla BCE riunisce governatori delle principali Banche centrali, economisti e leader di mercato. L’appuntamento cade in un momento di forti divergenze tra le strategie di BCE, Bank of England, Bank of Japan e Fed. Partendo dall’istituto guidato da Christine Lagarde, il recente taglio dei tassi, che ha portato il saggio sui depositi al 2%, è stato dettato da un’inflazione che, per il momento, sembrerebbe sotto controllo. Alla luce di un approccio “data-dependent”, ed in attesa di maggiore chiarezza sui dazi, è probabile che nel meeting del 24 luglio il costo del denaro sarà confermato sui livelli attuali. La BoE si trova stretta tra prezzi al consumo che viaggiano ancora sopra la soglia del 3% ed un mercato del lavoro che inizia a segnalare un rallentamento mentre nel caso della BoJ il processo di normalizzazione procede a rilento anche a causa dell’incertezza legata ai dazi. Il compito più difficile è quello in capo a Jerome Powell. Non solo gli Stati Uniti rappresentano il Paese che più di ogni altro finirà per pagare il conto dei dazi, sia in termini di minore crescita economica che di incremento dei prezzi, ma la Banca centrale paga pegno anche alle frequentissime e sempre più aggressive ingerenze di Trump. È probabile che l’ultima parte del mandato di Powell sia caratterizzata da una progressiva delegittimazione sia in arrivo dall’esterno che dalla stessa Banca centrale, visto che già ora diversi membri sembrerebbero intenzionati a sposare le idee del tycoon.
Difesa: è ora del “Compra europeo”
Il vertice NATO ha sancito una svolta epocale per la politica di difesa occidentale: i 32 Stati membri hanno approvato un nuovo obiettivo di spesa militare pari al 5% del PIL. Si tratta di un salto di scala rispetto al precedente traguardo del 2%, in vigore da oltre un decennio, e che in molti casi è rimasto più simbolico che concreto. Il nuovo target, da raggiungere entro il 2035, prevede una ripartizione precisa: il 3,5% del PIL sarà dedicato alla difesa “core” – acquisto di armamenti, personale e manutenzione – mentre il restante 1,5% sarà destinato a investimenti strategici correlati, come infrastrutture, cyber-sicurezza e potenziamento dell’industria della difesa. Secondo le stime elaborate sui dati SIPRI 2024, il nuovo target potrebbe comportare un aumento annuo della spesa militare pari a circa 1.200 miliardi di dollari. Il vertice dell’Aia ha evidenziato come la corsa alla difesa sia anche un’opportunità per l’Europa di costruire una propria sovranità tecnologica e di diventare più autosufficiente nel far fronte alle proprie esigenze, soprattutto alla luce della sempre più imprevedibile politica statunitense. Il nuovo segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, ha parlato senza giri di parole: “la Russia produce in tre mesi ciò che l’Europa produce in un anno. Questo non è sostenibile. Serve incrementare la produzione in ogni settore, dalle munizioni all’intelligenza artificiale”. Non a caso, infatti, Bruxelles ha iniziato a vincolare l’accesso a fondi strategici europei – come quelli per la transizione digitale o l’energia – al rispetto degli impegni NATO, creando una leva economica potente per promuovere un “Buy European Act” de facto, anche nel settore della difesa. I Paesi del Vecchio continente stanno scegliendo soluzioni per la difesa prodotte all’interno dell’Europa con l’obiettivo di sostenere la propria base industriale e di ridurre le dipendenze esterne, in particolare dai sistemi statunitensi, alla luce delle preoccupazioni circa l’affidabilità transatlantica futura.
I Certificati sui big della difesa
Rischi
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