Mercati al top in attesa del giorno dei dazi
Il conto alla rovescia è iniziato: mercoledì 9 luglio scadono i 90 giorni di tregua voluti da Donald Trump sul fronte dei dazi. Se con molte controparti il numero uno americano ha già trovato un accordo, sul fronte europeo si annunciano ore cruciali per capire cosa succederà e per trovare in extremis un’intesa che soddisfi entrambe le parti.
I mercati per il momento sembra abbiano messo in secondo piano questa variabile, con gli indici USA che la scorsa settimana hanno aggiornato i massimi storici e quelli europei che hanno consolidato i guadagni delle settimane precedenti. In questo contesto è proseguita la debolezza del dollaro, con le quotazioni del biglietto verde che sono arrivate a superare la soglia di 1,18, valori che non si vedevano da inizio settembre 2021. Una debolezza certamente voluta dal Presidente USA ma altresì una risposta del mercato alle politiche di bilancio americane. La House of Representatives, a maggioranza repubblicana, ha infatti approvato il pacchetto di spesa e tagli fiscali promosso da Trump. Una manovra dal valore stimato di 3.400 miliardi di dollari che è destinata a far crescere il debito pubblico Usa a 36.200 miliardi. Questo tuttavia appare un tema che diventerà caldo più avanti, ora è solo l’attesa su cosa succederà il 9 di luglio a guidare il sentiment dei mercati internazionali.
Appuntamenti Macro
Data | Appuntamenti in calendario |
Lunedì 07/07 |
La settimana inizia con gli aggiornamenti sull’andamento della produzione industriale in Germania e con i dati europei su fiducia degli investitori e vendite al dettaglio. |
Martedì 08/07 |
Si riunisce il board della Banca centrale australiana. In Europa l’agenda prevede le bilance commerciali di Germania e Francia mentre negli USA è di scena il dato sul sentiment delle piccole imprese. |
Mercoledì 09/07 |
È il giorno dei numeri cinesi su inflazione e prezzi alla produzione e del meeting della Banca centrale neozelandese. Dagli USA sono in arrivo i numeri sulle scorte all’ingrosso e le minute dell’ultima riunione del FOMC, il braccio operativo della Federal Reserve. |
Giovedì 10/07 | In agenda il dato sull’andamento della produzione industriale nel nostro Paese ed il dato settimanale sulle nuove richieste di sussidio di disoccupazione negli Stati Uniti. |
Venerdì 11/07 | Prima dell’avvio delle contrattazioni riflettori puntati su Germania e Gran Bretagna: dalla prima economia europea sono in arrivo i dati definitivi su prezzi all’ingrosso ed al consumo mentre dalla “Terra di Albione” giungeranno i numeri su PIL e produzione industriale. |
La Fed può attendere
Il mercato del lavoro americano continua a mostrare una sorprendente vitalità, sfidando le previsioni di rallentamento e le turbolenze generate dalle politiche sui dazi. I dati più recenti, diffusi prima del weekend festivo del 4 luglio, hanno superato ampiamente le aspettative degli analisti, con la creazione di 147.000 nuovi posti di lavoro e un tasso di disoccupazione sceso al 4,1%, ben al di sotto del 4,3% atteso. Il solido report sull’occupazione rafforza la posizione attendista della Fed e, di conseguenza, gli investitori vedono allontanarsi la prospettiva di un taglio dei tassi di interesse. I mercati obbligazionari hanno già reagito con un rialzo dei rendimenti, scontando uno scenario di tassi “più alti, più a lungo” mentre per i listini azionari, che viaggiano su livelli da record, la sfida sarà “digerire” questa sorpresa. Il timore del presidente Trump, e di tutti quelli che premono per una riduzione dei tassi, è che, con il passare dei mesi, la risalita dell’inflazione causata dai dazi finirà per cristallizzare i tassi all’attuale livello. J. Powell, il chairman della Fed, ha già fatto notare che, senza l’incertezza creata dalle tariffe, i tassi sarebbero già scesi. Con un deficit destinato a crescere a causa di una riforma fiscale particolarmente divisiva ed un sentiment degli operatori nei confronti degli asset made in USA ai minimi pluriennali, la sostituzione anticipata di Powell (o qualunque mossa destinata a diminuirne l’autorevolezza) minaccia di far schizzare al rialzo i tassi d'interesse.
È l’ora dello stock picking
La debolezza del dollaro è uno dei macro-temi che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Nel primo semestre del 2025 il biglietto verde ha perso il 10% del suo valore e questa tendenza, che sembra destinata a proseguire anche nei prossimi mesi, aveva caratterizzato anche la parte iniziale del primo mandato di Donald Trump. La debolezza del biglietto verde è sempre stato uno dei temi cari al Presidente americano, intenzionato in questo modo a riequilibrare la bilancia commerciale favorendo l’attrattività dei prodotti “Made in USA”. In un contesto in cui gli indici USA sono ai massimi storici e le valutazioni delle azioni appaiono elevate, il focus del mercato è rivolto alla capacità di generare utili appropriati. Secondo le stime di LSEG, gli utili aggregati delle aziende dell’S&P 500 nel secondo trimestre cresceranno del 5,9% su base annua, con la metà degli 11 settori del basket che non dovrebbe riportare una crescita. L’82% dei guadagni attesi proverrà esclusivamente dai comparti dei servizi di comunicazione e della tecnologia. Un approccio selettivo appare dunque ancor più essenziale, con la preferenza da rivolgersi a quelle realtà caratterizzate dalla prevalenza di vendite all’estero. E in questa direzione le Mag7 appaiono avvantaggiate. Escludendo Amazon che fattura meno del 30% fuori dai confini nazionali, Apple, Meta e Nvidia hanno una quota superiore al 60% dei loro ricavi provenienti da fuori Stati Uniti. Alphabet, Microsoft e Tesla viaggiano invece intorno al 50%. Vi sono poi altre multinazionali che possono trarre giovamento dalla debolezza del dollaro. Esempio ne sono le varie Caterpillar, McDonald’s e Nike, tutte con quote superiori al 50% del loro giro d’affari concluso fuori dai confini nazionali. Uno stock picking ricalibrato sulla debolezza del dollaro potrebbe dunque rappresentare un elemento determinante nella costruzione dei portafogli degli investitori.
I Certificati sugli Stati Uniti e sull'EURUSD
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