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Investors’ Outlook: Taglio! Passiamo alla prossima scena

Vontobel
15 feb 2024 | 10 Minuti di lettura

"Anno dell'obbligazione", "anno del taglio dei tassi", "anno della recessione": il 2024 è già stato etichettato in molti modi. Qualunque sia l'etichetta scelta dagli investitori, è chiaro che la fine dei rialzi dei tassi di interesse più aggressivi degli ultimi quarant'anni è ormai arrivata e la nebbia si sta diradando. Ora è il turno della scena successiva.

La trama del 2024

Non sempre le cose vanno come ci si aspetta e, il 2023, ce lo ha ricordato ancora una volta. Tra gli eventi che hanno colto di sorpresa gli investitori ci sono state le onde d'urto che hanno attraversato i mercati finanziari, innescate da nomi poco appariscenti come Silvergate Capital e Silicon Valley Bank, e il conseguente crollo di un'iconica banca svizzera, o il declassamento del rating sovrano degli Stati Uniti e gli attacchi di Hamas in Israele, seguiti da tensioni nel Mar Rosso. Cosa può riservare il 2024?

La Multi Asset Boutique ribadisce il suo scenario economico di base, che prevede ancora una recessione negli Stati Uniti. Le ragioni di questa scelta fuori dal consenso sono molteplici: la politica monetaria funziona con ritardi lunghi e variabili e l'impatto dell'aumento dei tassi d'interesse non si è ancora pienamente diffuso nell'economia.

Sia i consumatori che le imprese devono fare i conti con standard di prestito molto rigidi e, a differenza dell'anno scorso, è improbabile che gli stimoli fiscali vengano in soccorso, vista la profonda divisione del Congresso degli Stati Uniti e le imminenti elezioni presidenziali. Dalla Cina non sembra arrivare un impulso significativo alla crescita che possa sostenere la crescita globale. Inoltre, l'atteggiamento cauto delle imprese in materia di spese in conto capitale indica una certa debolezza in futuro. Una nota positiva è che l'inflazione probabilmente non sarà un peso eccessivo. Sebbene sia difficile riportare l'inflazione all'obiettivo del 2% fissato dalla Fed, è improbabile che si verifichi una seconda ondata di inflazione. La carenza di beni a livello globale si è attenuata, molte società hanno accumulato scorte significative e la Cina sta addirittura esportando deflazione nel mondo. Anche i dati sull'inflazione core degli Stati Uniti (esclusi i prezzi di cibo ed energia) - un dato fondamentale per la Fed - si stanno rapidamente avvicinando all'obiettivo.

Il 2024 potrebbe riservare al mondo un imprevisto. Un fattore chiave da tenere d'occhio è il mercato del lavoro statunitense, che ha iniziato ad ammorbidirsi ma rimane sorprendentemente resistente. L'assenza di tagli occupazionali nei prossimi mesi renderebbe sempre più fattibile un atterraggio morbido.

I consumatori statunitensi continueranno ad essere i protagonisti dell'economia?

Lo scorso anno gli investitori hanno tenuto d'occhio la più grande economia del mondo, prevedendo in molti una recessione. Uno dei motivi per cui non è arrivata nel 2023 è stata la continua resistenza dei consumatori statunitensi. Hanno continuato a spendere, in parte grazie ai risparmi accumulati con la pandemia e a un mercato del lavoro solido, e hanno aiutato l'economia a evitare la recessione. Ma per quanto tempo ancora?


Lo scorso anno gli investitori hanno tenuto d'occhio la più grande economia del mondo, prevedendo in molti una recessione. Uno dei motivi per cui non è arrivata nel 2023 è stata la continua resistenza dei consumatori statunitensi. Hanno continuato a spendere, in parte grazie ai risparmi accumulati con la pandemia e a un mercato del lavoro solido, e hanno aiutato l'economia a evitare la recessione. Ma per quanto tempo ancora?

Ma la situazione negli Stati Uniti è diversa. La spesa per i consumi, che rappresenta circa il 70% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti, ha mantenuto - apparentemente senza problemi - il trend precedente alla pandemia. Questi forti dati sui consumi sono piuttosto sorprendenti. Ci si aspetterebbe che i consumatori frenassero la spesa in presenza di tassi di interesse elevati, di un'economia che si sta indebolendo e del fatto che il reddito reale (cioè il reddito nominale aggiustato per l'inflazione) sta ristagnando da tempo. Invece, fedeli al motto "si vive una volta sola" (colloquialmente noto come #YOLO), stanno spendendo ancora più di prima (vedi grafico 1).

Sogni infranti di proprietà della casa, crescita solida degli asset, mercato del lavoro forte

I motivi per cui i consumatori sono in vena di spendere sono molteplici. In primo luogo, sembra che stiano recuperando terreno dopo le restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19 (sotto forma della tanto citata "spesa per vendetta")

In secondo luogo, la ristrettezza del mercato immobiliare sta scoraggiando molti consumatori dal risparmiare. Secondo il National Association of Realtors' Housing Affordability Index, una tipica famiglia statunitense non ha più un reddito sufficiente per ottenere un mutuo per un'abitazione di prezzo medio. Allo stesso tempo, i tassi di interesse per un mutuo fisso a 30 anni rimangono piuttosto alti, appena sotto il 7%. Ciò significa che quella che è probabilmente la principale voce di spesa sta diventando una prospettiva più lontana, per cui molti potrebbero chiedersi perché dovrebbero mettere da parte del denaro.

In terzo luogo, i consumatori si cullano sempre più in un falso senso di sicurezza. Nelle recessioni passate, i consumatori potevano contare sul fatto che il governo venisse in soccorso con generosi pacchetti di stimolo. Molti sembrano credere che sarà di nuovo così. I cosiddetti risparmi in eccesso sono un'altra ragione importante. I dati in questo caso possono essere molto difficili da interpretare, in quanto soggetti a revisioni piuttosto consistenti. Tuttavia, si può ipotizzare che i consumatori abbiano più risparmi di quanto si pensasse inizialmente. Ci sono anche altri effetti positivi sulla ricchezza. Chiunque abbia investito in azioni o immobili negli ultimi cinque anni ha registrato guadagni sostanziali. È probabile che questo abbia incentivato la spesa. Tuttavia, il passaggio a un nuovo mutuo comporta ancora costi di finanziamento elevati e la maggior parte dei proprietari si tiene stretta la proprietà esistente. La maggior parte di questi beni, quindi, rimane illiquida.

Ci sono anche altri effetti positivi sulla ricchezza. Chiunque abbia investito in azioni o immobili negli ultimi cinque anni ha registrato guadagni sostanziali. È probabile che questo abbia incentivato la spesa. Tuttavia, il passaggio a un nuovo mutuo comporta ancora costi di finanziamento elevati e la maggior parte dei proprietari si tiene stretta la proprietà esistente. La maggior parte di questi beni, quindi, rimane illiquida.

Anche le famiglie statunitensi si trovano oggi in una posizione migliore rispetto al passato. Il rapporto di copertura del servizio del debito delle famiglie private era di circa il 5,8% nel terzo trimestre del 2023, in linea con il livello pre-pandemia. È importante sottolineare che molti consumatori hanno ottenuto condizioni di finanziamento favorevoli durante l'era dei bassi tassi di interesse e la loro esposizione alle conseguenze di un aumento dei tassi è limitata.

#YOYO vs. #YOLO?
Tuttavia, ci sono alcune indicazioni in base alle quali #YOLO potrebbe presto essere sostituito da #YOYO ("you are on your own"). I consumatori sono alle prese con condizioni di credito persistentemente rigide (vedi grafico 2). Inoltre, il costo dell'assunzione di nuovo debito è elevato. Il tasso di interesse medio delle carte di credito nel quarto trimestre del 2023 era superiore al 21%. Inoltre, sembra improbabile che il governo fornisca molti stimoli fiscali nel 2024. In vista delle elezioni americane del 5 novembre, è improbabile che il Congresso diviso approvi una spesa aggiuntiva significativa. Né i Democratici né i Repubblicani avranno probabilmente alcun incentivo a fare concessioni reciproche.

Il motivo più importante è e rimane il mercato del lavoro, che continua a essere forte rispetto agli standard storici (vedi grafico 3). Se non si indebolisce sensibilmente, sembra improbabile un crollo dei consumi e quindi della crescita economica. La Multi Asset Boutique ipotizza un indebolimento del mercato del lavoro. Le aziende hanno iniziato lentamente ma inesorabilmente a ridimensionare i loro piani di spesa in conto capitale, a tagliare le posizioni lavorative aperte e a ridurre i prezzi. È probabile che ne conseguano un aumento della disoccupazione e una riduzione dei consumi[ML1] .
 [ML1]Le charts non vengono tradotte in italiano? Esiste una versione italiana.

Un anno di montagne russe per il Treasury a 10 anni

Speranze di tagli dei tassi, inflazione in calo e dinamica storica dei rendimenti: Il Treasury USA a 10 anni ha vissuto un viaggio straordinario nel 2023.

Inizialmente, durante la turbolenta crisi bancaria di marzo, è crollato fino a un minimo del 3,3%, per poi risalire al 5% in ottobre. Nell'ultimo giorno di negoziazione del 2023, il rendimento si è attestato appena al di sotto del 3,9%. Considerando l'intero anno, questo dato di chiusura rappresenta una variazione complessiva di appena 1 punto base (pb). In termini di rendimento totale, il titolo del Tesoro decennale ha effettivamente evitato un terzo anno consecutivo di rendimenti totali negativi, evitando una serie senza precedenti nella sua performance storica (cfr. grafico 1).

L'inflazione si sta evidentemente allentando e la Fed sembra pronta ad iniziare a tagliare i tassi quest'anno. Al momento della stesura del presente documento, i futures sui Fed funds hanno previsto sei tagli dei tassi per il 2024, con l'obiettivo di un intervallo di politica target compreso tra il 3,75% e il 4%. Il Summary of Economic Projections della Fed di dicembre ha indicato che il policymaker medio prevede tre tagli dei tassi al 4,75%, mentre il tipico previsore intervistato da Bloomberg ne prevede circa quattro.

Cosa spiega questa incoerenza?

Alcuni operatori di mercato continuano a prevedere, o a proteggersi, da un possibile atterraggio duro in cui l'economia statunitense entra in recessione. Il mercato delle opzioni Secured Overnight Financing Rate suggerisce una probabilità del 25% circa che il tasso dei Fed funds scenda al 3% o meno entro dicembre. L'esito più probabile, tuttavia, è quello di tre o quattro tagli dei tassi quest'anno

Osservando la fine dei cicli di rialzo dall'inizio degli anni '80, si può avere un'idea di cosa si prospetta per il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni. L'ultimo rialzo è avvenuto il 26 luglio 2023, più di 170 giorni fa. Il rendimento del titolo del Tesoro a 10 anni era pari al 3,9%, non lontano dai livelli odierni. In tutti i cicli precedenti, i rendimenti sono diminuiti dopo l'ultimo rialzo dei tassi. Se la storia fosse indicativa, il rendimento del titolo del Tesoro a 10 anni potrebbe scendere di 100 punti base entro la fine di quest'anno (cfr. grafico 2).

Gli asset di rischio, in particolare le obbligazioni ad alto rendimento, hanno registrato una performance eccezionale nell'ultimo anno, anche se di recente hanno mostrato segni di perdita di slancio. L'eccesso di rendimento atteso sembra vulnerabile a un eventuale allargamento degli spread. L'attuale spread di pareggio a 12 mesi, che indica il margine di sicurezza delle obbligazioni societarie, sembra poco attraente: se il premio di rendimento sale a questo livello, le obbligazioni ad alto rendimento non offriranno più alcun rendimento aggiuntivo a 12 mesi rispetto ai titoli di Stato con la stessa scadenza.

Un anno memorabile per le azioni

Gli investitori azionari possono guardare indietro ad un anno straordinario. Contro ogni previsione, le azioni hanno finito per offrire il miglior rendimento assoluto, superando un anno in cui molti si aspettavano una recessione, una possibile seconda ondata di inflazione e una sovraperformance del mercato obbligazionario. Le azioni globali hanno chiuso l'anno vicino ai loro massimi storici, superando in media di circa il 20% le stime degli analisti.

La solida performance dei titoli azionari, iniziata a fine ottobre 2023, è proseguita a dicembre, anche se a un ritmo più lento rispetto a novembre. Il raffreddamento dell'inflazione e l'aspettativa di un imminente cambio di rotta della Fed sono stati potenti catalizzatori, che hanno portato a un'impressionante rimonta e a un'inversione quasi perfetta rispetto a quanto accaduto nel 2022 (cfr. grafico 1).

L'indice S&P 500 è salito di oltre il 26%, mentre l'indice Euro STOXX 50 è salito di quasi il 20% lo scorso anno. I Magnifici 7 - Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Nvidia, Meta Platforms e Tesla - hanno generato oltre il 100% del rendimento assoluto. Escludendo i titoli tecnologici, il rendimento è stato dell'8%. Lo stesso vale per l'Eurozona, dove i titoli tecnologici e finanziari hanno rappresentato circa il 50% della performance assoluta.

La crescita reale stimata per il 2023 degli utili per azione su base annua è ora in territorio negativo nella maggior parte dei mercati, il che implica una base di confronto facile per il 2024. Inoltre, da oltre un anno gli indici dei prezzi alla produzione nei mercati sviluppati sono inferiori all'indice dei prezzi al consumo. Storicamente, ciò ha favorito i margini delle industrie manifatturiere (cfr. grafico 2), il che potrebbe portare a sorprese positive sugli utili e mitigare l'impatto di una recessione. Infine, i movimenti delle banche centrali saranno un fattore determinante.

Tensioni roventi nel Mar Rosso

Nel 2023, i prezzi del petrolio sono stati scossi dai timori per il rallentamento della crescita economica, dalla politica di produzione dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e dei suoi alleati (OPEC+) e dalle tensioni in Medio Oriente.

Il problema, al momento, non è che la domanda sia del tutto negativa. Sebbene vi siano alcune sacche di debolezza, il consumo globale di petrolio è tornato ai livelli pre-Covid. Il problema è che l'offerta è semplicemente eccessiva. A fronte dei ripetuti tagli alla produzione da parte del cartello OPEC+, i membri non OPEC+ hanno aumentato la propria produzione (vedi grafico 1). Anche alcuni membri dell'OPEC+, come l'Iran e la Russia, hanno sorpreso i mercati con una produzione superiore alle aspettative.

La chiusura delle vie d'acqua come rischio di coda

Nelle ultime settimane l'attenzione degli investitori è tornata al Medio Oriente, dove gli attacchi dei ribelli Houthi alle navi da trasporto nel Mar Rosso hanno fatto temere un'escalation del conflitto e interrotto i flussi commerciali. Particolarmente preoccupante è lo stretto di Bab el-Mandeb, che funge da collegamento vitale tra la penisola africana e quella araba.

Circa 8,2 milioni di barili di liquidi sono stati trasportati attraverso il Mar Rosso ogni giorno nel periodo gennaio-novembre 2023, secondo i dati della società di analisi Vortexa. In particolare, 2,9 milioni di barili erano diretti a nord (Europa), 3,9 milioni a sud (Asia) e il resto erano importazioni o esportazioni all'interno della regione. Secondo Vortexa, circa il 70% delle spedizioni verso sud era di origine russa.

Attualmente, le spedizioni verso sud sono state in gran parte risparmiate. Mentre le petroliere che trasportano petrolio russo continuano a navigare attraverso il Mar Rosso, altre stanno deviando intorno al Capo di Buona Speranza. Ciò si traduce in viaggi più lunghi (un viaggio da Singapore a Rotterdam richiede ora circa 10 giorni in più) e in costi più elevati (vedi grafico 2).

E lo Stretto di Hormuz?

È soprannominato il più importante punto di strozzatura del petrolio al mondo, poiché vi transita oltre il 20% dei liquidi petroliferi globali destinati al consumo. Si teme che l'Iran, che circa cinque decenni fa si è assicurato isole strategicamente importanti nello Stretto, possa cercare di limitare o bloccare l'accesso allo Stretto.

Anche se una tale escalation potrebbe far salire i prezzi in modo significativo, non sembra molto probabile. In passato, l'Iran ha ripetutamente minacciato di chiudere lo Stretto, ma non ha dato seguito alla minaccia (anche la sua economia dipende dallo Stretto). Anche durante la guerra delle petroliere del 1980-1988, quando l'Iran e l'Iraq (in particolare entrambi i membri dell'OPEC) hanno attaccato le reciproche navi, il passaggio era ancora possibile. È probabile che l'Iran tenga conto anche dei suoi principali partner commerciali, in particolare la Cina. In assenza di uno shock di questo tipo, il petrolio dovrebbe essere scambiato tra i 70 e gli 85 dollari americani.

Dollaro USA e franco svizzero: incrocio di valute

Nel 2023, l'indice del dollaro USA (DXY) ha registrato il primo calo annuale in tre anni, quando la Fed ha indicato la conclusione del suo ciclo di inasprimento. Questo cambiamento ha fatto sì che il mercato si aspettasse una riduzione dei tassi di interesse, potenzialmente già a partire da marzo.

Complessivamente, il DXY si è ritirato dai massimi dell'ottobre 2023 e ha chiuso l'anno con un calo del 2,1% (cfr. grafico 1). All'inizio del nuovo anno, il dollaro USA si sta rafforzando dopo che i dati un po' più forti hanno alimentato le aspettative che la Fed non si affretterà a ridurre i tassi di interesse.

Poiché l'economia statunitense mostra segni di rallentamento nei prossimi trimestri, la posizione dominante del dollaro USA, che ha mantenuto negli ultimi tre anni, dovrebbe gradualmente diminuire. Il calo più rapido dell'inflazione negli Stati Uniti rispetto ai paesi del G10 indurrà probabilmente una svolta più dovish da parte della Fed, riducendo potenzialmente il vantaggio del dollaro sui tassi d'interesse in modo più significativo del previsto.

Ambizioni di un franco svizzero forte contro la realtà economica

Negli ultimi due anni, il desiderio della Banca Nazionale Svizzera (‘BNS’) di un franco più forte ha avuto un forte impatto positivo sulla valuta, ma con l'inflazione che inizia a diminuire e l'economia che rallenta, questo obiettivo potrebbe diventare sempre più discutibile. L'intervento totale della BNS è stato di 22 miliardi di franchi svizzeri nel 2022 ed è salito a 110 miliardi di franchi svizzeri alla fine del terzo trimestre del 2023 (cfr. grafico 2).

Nel terzo trimestre, la BNS ha ridotto marginalmente le vendite di valuta estera, in quanto il franco svizzero si è avvicinato ai suoi massimi attuali rispetto all'euro e al dollaro USA. Nel periodo luglio-settembre, la Banca Centrale Svizzera ha venduto valute estere per un totale di 37,6 miliardi di CHF, in calo rispetto ai 40,3 miliardi del trimestre precedente.

Acquistando la propria valuta e scaricando le riserve in valuta estera, la BNS rafforza il tasso di cambio e contemporaneamente riduce il suo consistente bilancio. Questo approccio è stato determinante per salvaguardare la Svizzera dall'impennata dell'inflazione globale. Il presidente della BNS Thomas Jordan ha espresso preoccupazione per l'apprezzamento del franco svizzero. Intervenendo al World Economic Forum di Davos a fine gennaio, ha sottolineato i possibili effetti di questa tendenza sulla capacità della BNS di sostenere un'inflazione superiore allo zero nell'economia del Paese. Ciò ha portato a speculare sul fatto che i responsabili politici potrebbero iniziare a tagliare i tassi di interesse prima di altre banche centrali, o potrebbero addirittura adottare misure per limitare l'apprezzamento della valuta.

Autori

Frank Häusler, Chief Investment Strategist

Stefan Eppenberger, Head Multi Asset Strategy

Christopher Koslowski, Senior Fixed Income & FX Strategist

Mario Montagnani, Senior Investment Strategist

Michaela Huber, Cross-Asset Strategist

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